Lo spettacolo diretto da Arturo Cirillo in scena per lo Stabile dal 16 al 21 novembre
“Orgoglio e pregiudizio”, il classico di Jane Austen, uno dei romanzi ottocenteschi più famosi approda a teatro. La regia è di Arturo Cirillo e l’adattamento teatrale firmato da Antonio Piccolo.
Lo sguardo registico di Cirillo celebra, tra conversazioni asciutte e giochi di coppie e di specchi, il mito di questo romanzo, la sua ironia, le pungenti descrizioni di un mondo lontano.
Saranno in scena insieme a lui Valentina Picello, Francesco Petruzzelli, Sabrina Scuccimarra, Rosario Giglio, Eleonora Pace, Giacomo Vigentini, Giulia Trippetta.
Le scene sono di Dario Gessati, i costumi di Gianluca Falaschi, le luci di Camilla Piccioni e le musiche originali di Francesco De Melis.
Lo spettacolo, in replica fino a domenica 21 novembre 2021 nella stagione in abbonamento del Teatro Stabile di Torino, è una produzione di Marche Teatro e del Teatro di Napoli – Teatro Nazionale.
“Perché portare a teatro Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen? Perché penso che sia una scrittrice con un dono folgorante per i dialoghi. Perché sono affascinato dall’Ottocento, e dal rapporto fra i grandi romanzi di quell’epoca e la scena. Infatti, provai un raro piacere, svariati anni fa, ad affrontare uno strano testo di Annibale Ruccello (strano perché al confine tra il musical e la commedia, tra la parodia e la ri-scrittura) ispirato a Washington Square di Henry James.
Perché amo molto l’ironia di questa scrittrice, il suo sguardo acuto ma anche distaccato sui suoi personaggi. Perché il mondo della Austen dove apparentemente non accade mai nulla di eclatante, abitato per la maggior parte da creature che stanno abbandonando la fanciullezza per diventare ragazze da marito o giovani scapoli da sposare, mi affascina; con tutto il pudore, i turbamenti, le insicurezze, e anche l’orgoglio e i pregiudizi che la giovinezza porta con sé.
Perché questo mondo sociale dove ci si conosce danzando, ci si innamora conversando, ci si confida con la propria sorella perché i genitori sono, ognuno a suo modo, prigionieri del proprio narcisismo, non mi sembra così lontano da noi. Soprattutto pensando a queste giovani eroine spinte a sposarsi anche per avere finalmente un sostegno economico, sottraendosi allo stesso tempo all’indecorosa condizione di zitelle, e allontanandosi dalle proprie famiglie d’origine. Anche se poi la povera e zitella Jane Austen (che mai riuscì invece ad abbandonare la propria famiglia) si divertì a sottrarsi a tutto questo mettendolo in scena nei suoi romanzi, che sono una spietata critica e allo stesso tempo un’amorosa dichiarazione d’appartenenza alla propria epoca. Per fare questo si cala nei suoi personaggi/alter ego amandoli e prendendoli un po’ in giro, magari standosene nascosta dietro una tenda ad osservarli, ridacchiando tra sé. Da dietro quella tenda, come nel buio di una quinta, celata agli sguardi altrui ma attenta a non farsi sfuggire nulla di ciò che accade, Jane Austen reinventa la realtà attraverso la sua rappresentazione, ma mai smettendo di essere vera. Come avviene in teatro”.
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Lorenzo Peterson
15th August, 2019 at 01:25 pm