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“La forma delle cose” di Neil Labute: debutto in prima nazionale al Teatro Gobetti

La nuova produzione in cartellone dal 7 al 19 gennaio. Regia di Marta Cortellazzo Wiel

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  • dal: 23 dicembre, 2024 al: 20 gennaio, 2025

“La forma delle cose” di Neil Labute: debutto in prima nazionale al Teatro Gobetti
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“La forma delle cose” di Neil Labute: debutto in prima nazionale al Teatro Gobetti

La nuova produzione in cartellone dal 7 al 19 gennaio. Regia di Marta Cortellazzo Wiel

Ci siamo. Martedì 7 gennaio 2025 alle ore 19.30 debutta in prima nazionale al Teatro Gobetti La forma delle cose, del drammaturgo americano Neil LaBute, nella traduzione di Masolino d’Amico, per la regia di Marta Cortellazzo Wiel. Questo testo è il primo dei tre drammi che compongono la “Trilogia della bellezza”, scritta da LaBute tra il 2001 e il 2008: una raccolta di tre drammi che si interrogano sull’ossessione del mondo contemporaneo per la bellezza esteriore e per la conformità dell’aspetto fisico ai canoni e ai gusti della società, arrivando al punto – come accade a molti personaggi di LaBute – di consentire al giudizio altrui un dominio assoluto sulle vite e le scelte individuali. Saranno in scena Christian Di Filippo, Celeste Gugliandolo, Marcello Spinetta, Beatrice Vecchione. Scene e costumi sono di Anna Varaldo, le luci di Alessandro Verazzi, il suono di Filippo Conti. Lo spettacolo, prodotto dal Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, resterà in scena fino a domenica 19 gennaio 2025. La forma delle cose (The Shape of Things) esplora i rapporti umani, la loro fragilità e i processi di manipolazione che essi possono subire. In questa storia una giovane artista entra con prepotenza nella vita di tre ragazzi, modificando gli equilibri di rapporti consolidati e influenzando le loro stesse identità. Dichiara la regista Marta Cortellazzo Wiel: «Pubblicato nel 2001, quando i social network cominciavano a entrare nelle nostre vite, il testo di LaBute si rivela sorprendentemente attuale anche dopo vent’anni dalla prima messa in scena: viviamo oggi in un’epoca che sacrifica tutto in nome di slogan e apparenze, e su questo l'autore si interroga profondamente. Il titolo stesso, La forma delle cose, richiama l’ossessione per l’estetica e la perfezione, una ricerca che si intreccia con il bisogno di approvazione e il giudizio altrui. In un’epoca dominata dal consenso e dal dissenso, in cui l’immagine personale è continuamente esposta, emergono due domande cruciali: chi stabilisce cosa sia accettabile o no? Fino a che punto siamo disposti a spingerci per inserirci nel nostro contesto sociale, pur di sembrare “adeguati”?»
👉 Note sullo spettacolo di Marta Cortellazzo Wiel
Nella sala di un museo di una piccola cittadina di provincia, ai piedi della statua dell'artista Fornecelli, raffigurante Dio, si incrociano le vite di Adam, un giovane guardiano di sala, ed Evelyn, una studentessa d’arte dalla personalità magnetica, impegnata nel suo progetto di laurea. Questo incontro segna l’inizio di una serie di eventi che porterà i protagonisti a confrontarsi con le proprie fragilità, mettendo in discussione le certezze su cui hanno costruito la propria identità – o “forma” – e destabilizzando il precario equilibrio delle loro vite. Neil LaBute racconta, con una scrittura incisiva e ironica, la storia di una microsocietà che si definisce attraverso schemi imposti da una cultura dominante, ma che cela ansie e timori profondi. Ed è proprio quando queste “forme” si rompono che inizia il dramma, poiché emergono gli istinti umani spesso repressi in nome di un’apparente armonia.
Attraverso la storia di Adam e dei suoi amici, Jenny e Philip, ci immergiamo in una spirale di insoddisfazione, di ricerca ossessiva di approvazione esterna, e risulta evidente che questa aspirazione soffocante devia i protagonisti dal loro cammino verso la propria felicità. 
Le relazioni tra i personaggi si intrecciano in un gioco ambiguo fatto di attrazione e repulsione, complicità e rivalità: una vera e propria lotta in cui ognuno è costretto a organizzare l’alleanza più favorevole, cercando nell’altro una continua conferma della propria esistenza. Tuttavia, finiranno per smarrirsi in un intricato labirinto di menzogne e tradimenti. Il processo manipolatorio attuato da Evelyn – personaggio esterno al contesto sociale in cui si svolge la vicenda – travolge le loro vite a una velocità folle, conducendoli fino al baratro finale.
Nella storia, i non detti, le verità taciute, le censure e i segreti si accumulano scena dopo scena. Per questo ho voluto lavorare con gli attori invitandoli a esplorare la sfera privata dei personaggi, da proteggere o reprimere, in contrapposizione a quella pubblica, mostrata quasi come uno scudo dietro cui difendersi. Ho cercato di comprendere con loro il punto di rottura di ogni personaggio all'interno del dramma, facendoli convivere all’interno dello spazio scenico per l’intero spettacolo, anche quando l’autore non lo prevede, per ricreare una partitura collettiva, dove tutto influenza tutto, consciamente o inconsciamente.
Con straordinaria lucidità, l’autore esplora le sfumature della psiche umana, mostrando come l’ossessione di sentirsi socialmente accettati possa trasformarsi in una prigione. I processi manipolatori, di cui siamo tutti sia vittime sia artefici, possono condurre a gioie illusorie e ad atroci delusioni. I protagonisti, immersi in una scenografia atemporale, diventano veicoli di temi universali, invitando gli spettatori a fare luce su dinamiche che viviamo tutti quotidianamente.

Comments :
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    Tammy Camacho
    16th August, 2019 at 03:44 pm
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      Lorenzo Peterson
      17th August, 2019 at 01:25 pm
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