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Non si ferma il programma dell'Estate in Circolo, tra cinema e musica

Dal live dei Satoyama a numerose proiezioni, appuntamento nei giardini dell'Anagrafe centrale

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  • dal: 6 agosto, 2021 al: 6 novembre, 2021

Non si ferma il programma dell'Estate in Circolo, tra cinema e musica
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Non si ferma il programma dell'Estate in Circolo, tra cinema e musica

Dal live dei Satoyama a numerose proiezioni, appuntamento nei giardini dell'Anagrafe centrale

Se molte arene estive sono chiuse per Ferragosto, continuano le proiezioni e i concerti nel cortile dell'anagrafe di Torinoin via Carlo Ignazio Giulio, con una programmazione di film e di live che accompagneranno le serate dei torinesi fino al 19 settembre.

SATOYAMA | 6 agosto ingresso a offerta libera >2 euro
Luca Benedetto – Tromba
Christian Russano – Chitarre
Marco Bellafiore – Bassso
Gabriele Luttino – Percussioni
Giovanissima formazione piemontese, nascono nel 2013. Il New-Jazz sperimentale, fatto di strumenti classici mischiati con l’innovazione dell’elettronica digitale per un sound da scoprire, per mantenere giovane il grande Jazz. In pochi anni, questi 4 ragazzi, hanno girato i migliori festival Jazz d’Europa. Giovane concerto Jazz proposto da giovani talenti.

TRIO MARCIANO MAO & DOTTOR LO SAPIO | 7 agosto ingresso a offerta libera 2 euro
Mao & il Dott. Lo Sapio, la coppia inossidabile che ha dato vita al format “roba forte”. Nato come programma radiofonico nel 2010 è possibile viverlo live. Mauro Mao Gurlino è un artista noto principalmente per la sua attività di cantautore e conduttore radio-televisivo. Attivo fin dalla fine degli anni ottanta, negli anni novanta raggiunge notorietà a livello nazionale nel ruolo di leader della band Mao e la Rivoluzione e per la sua co-conduzione insieme ad Andrea Pezzi del programma televisivo Kitchen su MTV. Un salotto di divertimento tra sketch e proposte musicali dei grandi autori italiani, proposti da due nomi importanti del panorama torinese, riconosciuti a livello nazionale.

JOJO RABBIT di Taika Waititi | 8 agosto ingresso 5€ intero 4€ ridotto soci ARCI
Jojo ha dieci anni e un amico immaginario dispotico: Adolf Hitler. Nazista fanatico, col padre ‘al fronte’ a boicottare il regime e madre a casa ‘a fare quello che può’ contro il regime, è integrato nella gioventù hitleriana. Tra un’esercitazione e un lancio di granata, Jojo scopre che la madre nasconde in casa Elsa, una ragazzina ebrea che ama il disegno, le poesie di Rilke e il fidanzato partigiano. Nemici dichiarati, Elsa e Jojo sono costretti a convivere, lei per restare in vita, lui per proteggere sua madre che ama più di ogni altra cosa al mondo. Ma il ‘condizionamento’ del ragazzo svanirà progressivamente con l’amore e un’amicizia più forte dell’odio razziale. Prendere per il naso Hitler è avere l’ultima parola. (La) parola di Taika Waititi, che firma una favola über-assurda ficcata nella Germania nazista e agita alla fine della Seconda Guerra mondiale. Alla maniera di Charlie Chaplin, che crea l’arma più bella contro Adolf Hitler (Il grande dittatore), e di Mel Brooks, che mette in scena l’invenzione stessa del ridere parodico (The Producers – Una gaia commedia neonazista), Taika Waititi scongiura il corpo a corpo con la storia e volge in ridicolo la fascinazione estetica per il III Reich. Diversamente da loro il risultato è meno feroce del previsto, sovente esilarante ma troppo ‘carino’ per il soggetto. Niente in Jojo Rabbit farà urlare all’indecenza o scatenerà la polemica che aveva accompagnato l’uscita in sala di La vita è bella. L’anima Disney, proprietaria della Fox Searchlight Pictures, modera i toni e procede dolcemente verso l’ode alla tolleranza e alla fantasia, alla resistenza e al rispetto verso l’altro. Da par suo, Taika Waititi dirige e indossa la divisa di un Hitler concepito dall’immaginazione di un bambino che lo convoca in sostituzione del padre assente e ogni volta che è in preda al dubbio. Ma anche qui siamo lontani dall’interpretazione caustica di Chaplin del tiranno-buffone Adenoid Hynkel (Il grande dittatore), di cui Hitler ovviamente fu il modello.
Se l’obiettivo è il medesimo, deridere i protocolli e la messa in scena di un potere che si voleva spettacolare, Waititi pesca le risorse comiche più efficaci del film nell’orientamento sessuale dei suoi nazisti, Chaplin parla per la prima volta, indossa per l’ultima i baffi di Charlot e denuncia l’usurpatore, scalzandole non solo l’immagine ma anche la performance oratoria ridotta a gesti e parole incomprensibili.

BANGLA di Phaim Bhuiyan | 9 agosto ingresso 5€ intero 4€ ridotto soci ARCI
Phaim è un giovane musulmano di origini bengalesi nato in Italia. Vive in famigli a Torpignattara, quartiere romano multietnico, lavora in un museo e suona in un gruppo. Proprio in occasione di un concerto incontra Asia. Tra i due scatta l’attrazione e Phaim dovrà cercare di capire come conciliare il suo amore con la prima regola dell’Islam: la castità prima del matrimonio.
Phaim Bhuyian, al suo esordio nel lungometraggio dietro e davanti alla macchina da presa nonché come co-sceneggiatore, offre un’opera prima interessante e divertente al contempo.
Invece di premere sull’acceleratore del dramma relativo all’integrazione delle ‘seconde generazioni’ di immigrati (nati e cresciuti in Italia) si cimenta con la commedia dai tratti autobiografici. Il tema era già stato trattato in Sta per piovere di Haider Rashid. Qui però la focalizzazione si colloca su un piano differente.
Phaim, come molti suoi coetanei maschi, non ha un rapporto semplice con l’altro sesso che da un lato l’attrae e dall’altro lo intimorisce. Se a questo si aggiungono le regole coraniche la situazione ovviamente si complica. Phaim Bhuyian e Carlotta Antonelli si incontrano e si confrontano con la complessità e la leggerezza che i reciproci ruoli richiedono.
Quello dei rapporti tra concezioni di vita culturalmente molto distanti è un tema che andava affrontato dal nostro cinema anche con questa cifra stilistica. È ovviamente ancora presto per una valutazione certa ma tutto lascia sperare che Bhuyian possa tornare a scrivere e a dirigere un’altra opera. La buona qualità già emerge in questa occasione dove dimostra di saper gestire anche i personaggi secondari evitando le caratterizzazioni eccessive.

BOHEMIAN RHAPSODY | 10 agosto ingresso 5€ intero 4€ ridotto soci ARCI
Da qualche parte nelle suburb londinesi, Freddie Mercury è ancora Farrokh Bulsara e vive con i genitori in attesa che il suo destino diventi eccezionale. Perché Farrokh lo sa che è fatto per la gloria. Contrastato dal padre, che lo vorrebbe allineato alla tradizione e alle origini parsi, vive soprattutto per la musica che scrive nelle pause lavorative. Dopo aver convinto Brian May (chitarrista) e Roger Taylor (batterista) a ingaggiarlo con la sua verve e la sua capacità vocale, l’avventura comincia. Insieme a John Deacon (bassista) diventano i Queen e infilano la gloria malgrado (e per) le intemperanze e le erranze del loro leader: l’ultimo dio del rock and roll.
Per il cinema le rockstar presentano un vantaggio: raramente muoiono nel loro letto, piuttosto di overdose, suicidi o annegati. Da qui l’affermarsi di un genere che è rimasto ormai senza fiato.
Un genere che segue uno schema obbligato: l’infanzia modesta, il trauma fondante, l’ascensione con prezzo annesso da pagare quasi sempre con una tossicodipendenza, la caduta, la redenzione a cui segue qualche volta la malattia e la morte. Insomma visto uno, visti tutti. Ma a questo giro di basso ‘immortale’ era lecito aspettarsi di più. Invece in Bohemian Rhapsody, proprio come in Ray o in Quando l’amore brucia l’anima – Walk the Line, l’originalità non è in gioco. Quello che conta è la ricostruzione pedissequa e la performance emulativa degli attori.
Dal premio assegnato a Jamie Foxx poi (Ray), il biopic è diventato un ‘apriti sesamo’ per gli Oscar. La somiglianza somatica e il mimetismo dei gesti cruciali. Lo sa bene Rami Malek assoldato per una missione praticamente impossibile: reincarnare l’assoluto, quel mostro di carisma e virtuosità che era Freddie Mercury. Pianista, chitarrista, compositore, tenore lirico, designer, atleta, artista capace di tutti i record (di vendita), praticamente uomo-orchestra in grado di creare e di crearsi. Un demiurgo che in scena non temeva rivali, che mordeva la vita, aveva la follia dei grandi e volava alto, lontano.
Le buone intenzioni e l’impegno pur rigoroso e lodevole dell’attore americano si schiantano rovinosamente contro il mito e una protesi dentale ingombrante che lo precede di una spanna ovunque vada. Non c’è rifugio in cui Malek possa fuggire o ripiegare. Con buona pace di Hollywood e di Baudrillard, l’aura di Freddie Mercury non conosce declino e schianta il suo simulacro.


IRON SKY | 11 agosto ingresso 5€ intero 4€ ridotto soci ARCI
Timo Vuorensola ha deciso di continuare il progetto iniziato con Iron Sky e proporre un seguito.
Iron Sky: The Coming Race nascerà anche stavolta con l’aiuto di una piattaforma di crowdfunding, ma il budget definitivo sarà di 15 milioni di dollari, ancora superiore a quello del primo film. Per il lancio del progetto, il regista ha creato un video nel quale, preso in ostaggio da due donne armate, di fronte ad una bandiera nordcoreana, si scusa per aver prodotto il primo film.

LA FORMA DELL'ACQUA | 12 agosto ingresso 5€ intero 4€ ridotto soci ARCI
Elisa, giovane donna muta, lavora in un laboratorio scientifico di Baltimora dove gli americani combattono la guerra fredda. Impiegata come donna delle pulizie, Elisa è legata da profonda amicizia a Zelda, collega afroamericana che lotta per i suoi diritti dentro il matrimonio e la società, e Giles, vicino di casa omosessuale, discriminato sul lavoro. Diversi in un mondo di mostri dall’aspetto rassicurante, scoprono che in laboratorio (soprav)vive in cattività una creatura anfibia di grande intelligenza e sensibilità. A rivelarle è Elisa. Condannata al silenzio e alla solitudine, si innamora ricambiata di quel mistero capace di vivere tra acqua e aria. Ma il loro sentimento dovrà presto fare i conti con una gerarchia ostile incarnata dal dispotico Strickland. In piena corsa alle stelle contro i russi, gli Stati Uniti non badano a spese e a crudeltà. Per garantirsi e garantire al suo Paese un futuro stellare, Strickland è deciso a tutto.
È sufficiente osservare l’arte contemporanea per convincersi degli effetti suscitati dalle trasformazioni della vita acquatica sull’ecosistema e di conseguenza sulla vita degli uomini. Da Damien Hirst, che valorizza il corallo minacciato dal riscaldamento degli oceani, a Suzanne Husky e alle sue sirene, il fondo marino ossessiona numerosi artisti.
Se alcuni tra loro sondano quello che si gioca oggi nella profondità dei fondali, altri ci pescano una mitologia ancestrale e una nuova inquietudine. Architetto di incubi, Guillermo del Toro si iscrive nella seconda categoria, rinnovando le affinità, umide e furiose, che gli esseri umani intrattengono con il mondo marino. Sospeso tra nevrosi terrestri (la Guerra Fredda e l’irriducibile paura del diverso) e iridescenze acquatiche, The Shape of Water inventa sotto i nostri occhi un nuovo continente, tra mare e terra, scongiurando l’annegamento con la potenza dei fantasmi.
Proseguendo la sua relazione con lo straordinario, l’autore avanza nella Storia e produce un’articolazione sottile, ma senza gravezza metaforica, tra realtà e doppio fantasmagorico che spiega i suoi oscuri meccanismi. Precipitato in piena Guerra Fredda, il racconto agisce su due livelli, quello della cronaca realista (la violenza della Storia) e quello dell’immaginario mitologico (l’incontro con la straordinaria creatura), e osserva due movimenti, quelli su cui si equilibra tenacemente il cinema dell’autore.

I SHOT A MAN | 13 agosto ingresso offerta libera
II Shot A Man suonano insieme dal 2014 con l’ostinazione di riprendere la storia del blues dagli albori. In un percorso che partendo dagli spiritual cantati a voce nuda, arriva a quello di chitarre acustiche suonate con colli di bottiglia e si spinge fino alle valvole sature degli amplificatori, quando il blues stava partorendo il rock.
Nel 2018 vincono il contest Effetto Blues e sono tra gli ospiti del main stage al raduno Blues Made in Italy.
Accanto ai festival, il viaggio della band si riempie di locali e club nel nord e centro Italia.
Vincitori dell’International Blues Challenge 2020, saranno prossimi alle esibizioni oltreoceano, a Memphis – Tennessee U.S.A.
“Gunbender” è l’album d’esordio del trio torinese I Shot A Man. Suoni essenziali fatti di voci, chitarre, percussioni, senza basso.
Ritmica, dialogo costante tra le pelli, i taburi e il finger picking vecchio di cent’anni.
Un viaggio attraverso il mondo del blues, quello vero, profondo, puro.

Info e prenotazioni: www.larteficio.com

Comments :
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    Lorenzo Peterson
    15th August, 2019 at 01:25 pm
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    Tammy Camacho
    15th August, 2019 at 05:44 pm
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    Tammy Camacho
    16th August, 2019 at 03:44 pm
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      Lorenzo Peterson
      17th August, 2019 at 01:25 pm
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