Appuntamento sabato 29 ottobre alle 21 allo Spazio Kairòs di via Mottalciata
Tutti i fan lo sanno: i Beatles nel 1969 sono stanchi, disuniti e sentono che la favola sta finendo. L’hanno avvertito chiaramente durante le registrazioni di “Let It Be”, disco tormentato e carico di tensioni. Ma qualcosa li spinge a creare un ultimo lavoro: il risultato è uno dei grandi capolavori della musica mondiale, “Abbey Road”.
I Finger Pie, cover band dei Beatles, suonano dal vivo in questo concerto-spettacolo ripercorrendo le canzoni e la storia dell’album tra aneddoti, curiosità e storie incredibili. Titolo “Abbey Road”. L’appuntamento è sabato 29 ottobre alle 21 allo Spazio Kairòs di via Mottalciata 7 a Torino (intero 13 euro, ridotto 10, biglietti in vendita su www.ticket.it; per entrare è necessaria la tessera Arci).
Con Vico Righi, voce e chitarra, Enrico Bontempi, chitarra e voce, Riccardo Mariatti, basso, Simone Zangirolami, batteria, e Marco Cimino, tastiere, ci sarà l’attore Riccardo De Leo che darà voce ai racconti. Vestirà i panni di Derek Taylor, giornalista, scrittore ma soprattutto addetto all’ufficio stampa dei Beatles dalla beatle-mania del ’64 fino alla fine della loro carriera.
Il concerto - spettacolo
1969: un anno strano, pazzo, convulso. L’America combatte in Vietnam una delle guerre più controverse e discusse del ventesimo secolo, in Europa scioperi sindacali e proteste studentesche agitano il clima politico e sociale. Nella Villa di Romàn Polanski, Charles Manson uccide la moglie Sharon Tate in una strage che inquieterà il mondo intero. Il ’69 è però anche l’anno di Woodstock. L’anno in cui Neil Armstrong e Buzz Aldrin atterrano sulla luna, forse. Mario Puzo pubblica il romanzo “Il Padrino”, tutti quanti conosciamo il film di Coppola. Jim Morrison viene arrestato per “atti osceni in luogo pubblico”, i Rolling Stones radunano quasi cinquecentomila persone a Hyde Park per un concerto in onore di Brian Jones, morto di overdose soltanto due giorni prima.
E i Beatles? Beh, i Beatles di fine ‘68 sono stanchi, disuniti e litigiosi, le alternative sono sciogliersi o cercare nuovi stimoli. “Anno nuovo, vita nuova” dice George Harrison, così decidono di ritrovare sé stessi riunendosi per la scrittura del disco Let It Be. L’idea è di tornare alle origini attraverso la spontaneità di una registrazione in presa diretta, con l’aggiunta però di una telecamera sempre accesa a puntare il faro sul processo creativo della band.
Gli studi cinematografici di Twickenham costituiscono tuttavia un ambiente troppo freddo e impersonale, i continui litigi e disaccordi in merito ai brani e al loro arrangiamento portano inevitabilmente a una frattura, solo in parte risanata con il trasloco a Savile Row. In questa location più amena, a fine gennaio, i Fab Four concludono le incisioni e sublimano questa dolce-amara esperienza con lo storico concerto sul tetto della Apple. In cima allo studio di registrazione da loro stessi fondato John, Paul, George, Ringo e il tastierista Billy Preston danno vita a un evento storico: Londra si ferma, le strade si intasano e microfoni e amplificatori anticipano a un pubblico incredulo alcuni brani come Get Back e Don’t Let me Down, pubblicati in aprile rispettivamente come lato A e B di un singolo 45 giri. Non contenti del risultato, però, i Beatles decidono di non mixare il disco, lasciandolo in un limbo da quale verrà tratto solamente nel ’70 dal produttore Phil Spector che ne farà l’ennesimo e ultimo successo planetario di critica e vendite. “Let It Be” è però soltanto l’ultima pubblicazione della band, ma non l’ultimo lavoro. La verità è che nello stesso strano, pazzo e convulso 1969 i quattro baronetti di Liverpool riuscirono ancora una volta a stupire tutti con Abbey Road.
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Lorenzo Peterson
15th August, 2019 at 01:25 pm