Concerti

Teatro Regio, Stanislav Kochanovsky dirige il coro e chiude la stagione

Ultimo appuntamento in cartellone dei concerti mercoledì 21 giugno alle ore 20:30

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  • dal: 20 giugno, 2023 al: 23 giugno, 2023

Teatro Regio, Stanislav Kochanovsky dirige il coro e chiude la stagione
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Teatro Regio, Stanislav Kochanovsky dirige il coro e chiude la stagione

Ultimo appuntamento in cartellone dei concerti mercoledì 21 giugno alle ore 20:30

Siamo ai saluti. Mercoledì 21 giugno alle ore 20.30 si conclude la Stagione 2023 de I Concerti e, in occasione della Festa della Musica con il patrocinio del Ministero della Cultura, il Regio propone il concerto con l’Orchestra e il Coro del Teatro Regio diretti da Stanislav Kochanovsky. Andrea Secchi istruisce il Coro. Stanislav Kochanovsky è oggi considerato tra i più brillanti direttori russi. Con una profonda esperienza e conoscenza del repertorio sinfonico e operistico maturata durante i suoi anni formativi come Direttore residente del Teatro Mihailovskij di San Pietroburgo e come Direttore principale dell’Orchestra Filarmonica di Stato “V.I. Safonov”, sta ora ricevendo l’attenzione delle orchestre e dei teatri d’opera di tutto il mondo. La sua collaborazione con il Teatro Mihailovskij è iniziata nel 2007 quando, dall’età di 25 anni, ha avuto la preziosa opportunità di dirigere oltre 60 spettacoli di opera e balletto.

Prima tappa del programma: San Giovanni Damasceno, cantata per coro misto a quattro voci e grande orchestra op. 1 di Sergej Taneev. Allievo di Pëtr Il’ič Čajkovskij e di Anton Rubinstein, Sergej Taneev fu uomo coltissimo e versatile, musicista e matematico; maestro a sua volta di Rachmaninov, Skrjabin e Glière, coltivò e studiò per tutta la vita contrappunto, fuga e polifonie rinascimentali. Questa passione produsse importanti testi teorici e influenzò anche le scelte compositive. Ne è esempio la Cantata corale Giovanni Damasceno, basata su alcune parti di un testo del poeta e scrittore Aleksej Tolstoj (cugino di Lev). Composta fra il 1881 e il 1884, questa Cantata nacque sull’onda emotiva della morte prematura di Nikolaj Rubinstein (fratello minore di Anton), musicista poliedrico, grande organizzatore musicale e primo Direttore del Conservatorio di Mosca. Taneev era ancora molto giovane, ma la Cantata fu il primo lavoro dato alle stampe e sancì il passaggio alla maturità e alla notorietà.

A seguire, Francesca da Rimini, fantasia sinfonica in mi minore op. 32 di Pëtr Il’ič Čajkovskij. Bruciante e impetuoso, il brano (eseguito in prima assoluta a Mosca nel 1877) suscitò le lodi di Milij Balakirev, solitamente molto scettico verso Čajkovskij, e lasciò invece un poco spiazzato Camille Saint-Saëns («nel più gentile degli uomini è scoppiata una tempesta»). La composizione nacque l’anno prima: Čajkovskij andò alla inaugurazione del teatro di Bayreuth e poté quindi assistere alla prima rappresentazione dell’Anello del Nibelungo di Wagner; per il viaggio in treno si era portato l’Inferno di Dante, e al ritorno le impressioni dell’ascolto fresco, che pure non gli era piaciuto, si mescolarono con la straordinaria suggestione del V Canto, spingendolo alla composizione di un vero e proprio poema sinfonico.

Il concerto si conclude con la Prima Sinfonia di Sergej Rachmaninov, un lavoro destinato a giocare un ruolo decisivo e tragico nella vita del suo autore. Quando si accinse a scriverlo, all’inizio del 1894, Rachmaninov aveva appena ventun anni, e dopo una giovinezza brillantissima di enfant prodige stava attraversando un momento critico: non aveva ancora superato il trauma della morte di Čajkovskij ed era reduce da una tournée interrotta prima del tempo per un disagio psicologico. La partitura fu completata alla fine del 1895 ed eseguita per la prima volta a San Pietroburgo nel marzo 1897. Aleksandr Glazunov però la diresse in modo disastroso; la stampa fu spietata e Cesar Kjuj, ormai decano dei critici e a suo tempo già implacabile verso Musorgskij, infierì così: se all’inferno ci fosse una sala da concerto, scrisse, la partitura sarebbe davvero perfetta, specie per descrivere le piaghe d’Egitto. Rachmaninov precipitò in una crisi depressiva da cui non si riprese mai del tutto, neanche dopo aver superato il blocco con la composizione del Concerto n. 2 per pianoforte, che gli diede una fama inossidabile. La sfortuna continuò ad accanirsi su questa composizione: la partitura infatti fu perduta e ricostruita sulla base delle parti staccate quando ormai l’autore era morto. Solo in tempi recenti si è tornati a riscoprirla e ad apprezzarla constatando persino – secondo alcuni musicologi –un livello superiore agli esiti delle sinfonie successive.

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