L’Italia prima della pandemia investiva lo 0,7 del Pil nella cultura, terzultimi in Europa. A Torino situazione disastrosa
TORINO - Il 27 marzo è stata la giornata internazionale del teatro, celebrata anche qui, in un paese che non gli da' il giusto valore.
Già prima della pandemia l'Italia investiva appena lo 0,7% del Pil nella cultura, ciò ci ha resi i terzultimi in Europa.
Con la pandemia il nostro paese ha dimostrato di non considerare la cultura un bene primario che può migliorare la società ma bensì una realtà sacrificabile.
Comprensibilmente i primi mesi della pandemia hanno fatto saltare molte date di spettacoli e tournè, ma ad un anno di distanza la situazione di profonda incertezza non è cambiata.
Ne è un esempio la totale cancellazione di tutti gli spettacoli di fronte a cui il teatro Regio di Torino solo a maggio 2020 aveva perso 1,5 milioni di euro, con tanti abbonamenti restati in sospeso o annullati, davanti a cui anche il teatro Stabile di Torino, e non solo, si sono dovuti sostenere ingenti rimborsi.
La cosa peggiore come ci spiega il direttore del Teatro Stabile di Torino, Filippo Fonsatti, sono le conseguenze della crisi che devono pagare soprattutto gli artisti e i tecnici, perché la ricaduta riguarda sì le imprese e le compagnie, ma è gravissima sui lavoratori, dal momento che non esiste nel mondo dello spettacolo la cassa integrazione e si rischia che i costi più alti vengano pagati dagli artisti e dai tecnici impegnati nelle produzioni.
Prendiamo in analisi anche la chiusura indiscriminata che hanno subito le scuole di danza. Nonostante molte avessero dimostrato di poter sostenere le lezioni nel rispetto delle normative sanitarie, avendo aggiunto alle spese fisse i costi della messa in sicurezza per poche settimane di lezioni e per poi essere lasciate dal mese di giugno senza aiuti concreti.
Ciò ha avuto ripercussioni non solo per chi vive di teatro ma anche per chi vorrebbe farlo in futuro, avendo impedimenti nella formazione in attività la cui giovane età è spesso cruciale.
Uno studio dell’Agis rivela che su quasi 350.000 fra spettacoli di lirica, prosa, danza e concerti, dallo scorso 15 giugno si è registrato un solo caso di contagio da Covid-19.
Nonostante siano dati approssimativi ciò ci permette di dimostrare come i teatri siano luoghi più sicuri rispetto a molte altre realtà che hanno avuto più possibilità, laddove le chiese per esempio sono rimaste aperte per la salute psicologica dei fedeli, al mondo della cultura non è stato riconosciuto lo stesso importante ruolo.
Nonostante la scelta riguardante la chiusura delle attività teatrali non sia stata raggiunta per gerarchia di importanza ma è derivata dall’esigenza di ridurre la mobilità delle persone, si deve tenere conto, dopo un anno, di quanti hanno dovuto cambiare mestiere e reinventarsi dopo aver costruito attività basate sulla passione.
Il teatro si è dimostrato il solo a fare compromessi concreti, disposto persino a cambiare la sua forma per approdare alle dirette streaming. Gli artisti non si sono scoraggiati dinanzi all'impossibilità di mantenere un contatto con il pubblico, cercando di ricostruirlo, anche se in modo non convenzionale, costretti però a rinunciare all'interazione tra le persone.
Un'illusione di apertura è stata data per il 27 marzo, posticipata poi ad aprile, ma a condizioni insostenibili a livelli di costi (ad esempio l'obbligo di fare tamponi a tutti gli attori ogni 72 ore) in un mondo già normalmente precario come quello del teatro.
Parlando con gli attori ci troviamo di fronte a persone totalmente disarmate e senza certezza, non solo economicamente, con sussidi che arrivano con enormi ritardi, ma anche psicologicamente, avendo perso la loro realtà e con essa forse la loro identità.
Oggi l’ennesima contraddizione all’italiana che vede la riapertura degli stadi al 25% ma con ennesima esclusione del mondo per lo spettacolo, nonostante i lavori svolti per essere messi in sicurezza.
Anche se “gli stadi siano più capienti” la proporzione del 25% di capienza sarebbe la medesima è il problema degli spostamenti sarebbe pari se non maggiore!
Ci troviamo quindi in un paese dove si celebra la giornata mondiale del teatro ma nel quale le istituzioni hanno dimostrato di non dargli l'importanza che merita, né prima avendo reso in Italia precario il lavoro dell'artista, cosa che nella maggior parte del resto d'Europa non succede, né dopo sminuendolo così anche agli occhi della popolazione.
Rebecca De Bortoli
" There are many variations of passages of Lorem Ipsum available, but the majority have suffered alteration in some form, by injected humour "
" There are many variations of passages of Lorem Ipsum available, but the majority have suffered alteration in some form, by injected humour "
" There are many variations of passages of Lorem Ipsum available, but the majority have suffered alteration in some form, by injected humour "
" There are many variations of passages of Lorem Ipsum available, but the majority have suffered alteration in some form, by injected humour "
Lorenzo Peterson
15th August, 2019 at 01:25 pm